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Cyberbullismo. Approfondiamo insieme questo argomento delicato.

Innanzitutto, proviamo a dare qualche definizione per orientarci.

Il fenomeno del bullismo è un abuso di potere che nasce quando il bullo, il persecutore, prevarica la vittima con comportamenti fisici aggressivi condizionanti la sua vita privata, emotiva e sociale.  Gli atti di bullismo sono ripetuti nel tempo e coinvolgono sempre gli stessi soggetti: il bullo, che assume una posizione dominante, e la vittima, soggetto “debole”, che non è in grado di difendersi da sola. Il fenomeno del bullismo ha come protagonisti anche i cosiddetti sostenitori ed astanti: i primi incitano il bullo, mentre i secondi rimangono in una posizione di neutralità, assistendo agli episodi di aggressione. Infatti, solo alcuni di essi prendono le difese della vittima.

Negli ultimi 10-15 anni, la continua evoluzione delle tecnologie e dei media ha fatto sì che gran parte della comunicazione si spostasse su di un piano virtuale, soprattutto tra i cosiddetti “nativi digitali”, ovvero le persone nate e cresciute con le tecnologie digitali e la loro rapida evoluzione e, di conseguenza, naturalmente predisposte all’utilizzo di tale tipo di comunicazione. La facilità e la leggerezza con cui i ragazzi pubblicano e diffondono informazioni personali sui social network, dunque la mancanza di utilizzo a volte poco critico dei nuovi media, è annoverata fra una delle cause scatenanti del cyberbullismo, forma di bullismo che presenta molte caratteristiche in comune con il bullismo “off line” e si distingue da altre per i tratti tipici dell’ambiente digitale. 

Il termine cyberbullismo fu coniato dall’educatore canadese Bill Belsey nel 2002 e, in seguito, ripreso nel 2006 da Peter K. Smith e suoi collaboratori, che ne proposero una definizione molto legata al concetto di bullismo “tradizionale”. Il cyberbullismo è un atto aggressivo e intenzionale, condotto da un individuo o gruppo di individui, usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel corso del tempo contro una vittima che ha difficoltà a difendersi.

Il primo e fondante elemento è connesso al concetto di abuso di potere. Il cyber bullo, infatti, esercita il suo potere attraverso una conoscenza maggiore dei mezzi ICT (Information and Communication Technology) rispetto alla vittima che, quindi, sente aumentare la propria vulnerabilità. Un aspetto che contribuisce ad aumentare il dislivello tra bullo e vittima è, inoltre, l’anonimità del web. Quasi sempre la vittima non conosce l’autore degli atti offensivi nei suoi confronti: ciò garantisce al bullo di agire indisturbato e, purtroppo, impunito. Questi ultimi aspetti, inoltre, amplificano il senso “di non potersi sottrarre” e di “non poter far niente”, ovvero il senso di impotenza della vittima del cyber bullo.

Per definizione (anche se può sembrare sgradevole) un singolo episodio di commento offensivo su un social network non rappresenta un atto di cyberbullismo, occorre “la ripetizione”. Questa assume sfumature diverse per il cyberbullismo nella componente diretta e indiretta.  Nel primo caso, ovvero nel cyberbullismo diretto, la ripetizione è data da interventi continui, che colpiscono direttamente la vittima; mentre nel secondo caso la ripetizione è dovuta alla possibilità che altri utenti possano vedere “gli attacchi” e, di conseguenza, salvare e condividere all’infinito il materiale in questione. Quasi mai, infatti, i contenuti pubblicati vengono rimossi o cancellati e, comunque, mai in breve tempo. Questo causa sia una ripetizione sia “una memoria” sul web.

Altro elemento importante del cyberbullismo è l’intenzionalità: sia il bullo sia il cyber bullo sono persecutori, intendono deliberatamente danneggiare, infastidire, causare sofferenza alla vittima designata. Il cyber bullo può raggiungere la vittima in ogni momento della giornata e in ogni dove. Non si vi sono più spazi, quindi, in cui la vittima può sentirsi al sicuro e, appunto, non perseguitata. Inoltre, non essendoci “una relazione reale” o un contatto diretto fra il cyber bullo e la sua vittima e la possibilità di avere con sé telefonini sempre accesi e connessi alla rete, crea uno stato ove, per la vittima, sia molto difficile sottrarsi agli attacchi e all’aggressività del persecutore. Le prepotenze online, infatti, possono essere perpetrate sia di giorno sia di notte, posso essere fatte (e molto spesso) in forma anonima, raggiungere molte persone e rimanere accessibili online per molto tempo.

Non esiste un’unica modalità di cyberbullismo, ma variegate sfumature, che vanno dal flaming, ovvero litigi violenti, online, in cui si utilizza un linguaggio aggressivo e volgare, al furto di identità, ovvero all’accesso all’account della vittima, senza il suo permesso, con l’obiettivo di inviare messaggi offensivi dall’account rubato ai suoi contatti. Banalmente, l’invio ripetuto di messaggi offensivi, le molestie assillanti, ovvero i cyber stalking, la pubblicazione di commenti cattivi, pettegolezzi, offese, foto, video con intento di rovinare la reputazione della vittima o la pubblicazione di informazioni confidenziali e private sono i più riscontrati e riscontrabili.

Il cyberbullismo viene definito, ai sensi dell’art. 1 c. 2 della Legge n. 71 del 2017 come qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica”. Il decreto non determina una responsività penale dei minori fautori di tali attività, ma l’art. 7 introduce un interessante strumento, non contemplato in precedenza, cioè l’istituto dell’ammonimento, con il quale minori di età superiore ai quattordici anni, responsabili di atti di cyberbullismo nei confronti di altri minorenni, possono essere convocati unitamente ad almeno un genitore dal questore che può così rimproverare ufficialmente il minorenne.

Secondo una ricerca condotta da Save The Children nel 2014, tre ragazzi su dieci sono testimoni di comportamenti violenti in rete e il 72% degli adolescenti vede il cyberbullismo come il fenomeno sociale più pericoloso del momento, più dell’abuso di alcol o l’uso di sostanze stupefacenti e più del subire molestie sessuali da parte di un adulto. Il numero delle vittime di comportamenti violenti e minacciosi sui social network, via mail o altro mezzo, sarebbe, secondo i dati raccolti, in forte aumento. Spesso questi ragazzi vengono presi di mira per futili motivi, come per laspetto fisico, il presunto orientamento sessuale, le relazioni sentimentali. Le conseguenze di queste prese in giro ripetute e pubbliche posso essere importanti e condurre a condotte di isolamento (secondo il 65% dei giovani intervistati), rifiuto della scuola (50%) e depressione (48%).

È molto comune esserlo, ma è altrettanto comune fare alcuni errori di “ingenuità”. Cosa è meglio, allora, fare e non fare? Non rispondere a sms, mms, e-mail o post molesti o offensivi nei propri profili sui social network e salvare i messaggi ricevuti annotando giorno e ora dell’invio. In chat è possibile, inoltre, salvare la cronologia. Se si è vittima occorre quindi anzitutto conservare le prove di quanto si sta subendo e portarlo alla polizia postale o da un avvocato, con l’aiuto ed il sostegno dei genitori o comunque di una figura adulta di riferimento. I messaggi scritti in rete, anche se cancellati in un secondo momento dall’autore, rimangono comunque visibili ed accessibili all’utenza. Questi possono anche venire opportunamente archiviati dalle stesse vittime o da terzi per raccogliere le prove da presentare in un secondo momento in sede giudiziaria.

Potersi confidare e condividere quest’esperienza è senza dubbio la strategia più funzionale da mettere in atto. Rimanere soli con la propria sofferenza fa sentire ancora più fragili e più incapaci di superare tale difficoltà. Se gli sms, gli mms, i whatsapp, le e-mail o i post nei profili sui social network infastidiscono sarebbe importante, poi, cancellali/archiviarli, bloccando la persona che li ha inviati. A volte, una buona strategia da utilizzare, a seconda di dove si riceve del cyberbullismo, è cambiare nickname o il numero di cellulare o l’indirizzo mail.

Se commenti online infastidiscono, o infastidiscono un amico, è importante parlane con un adulto di riferimento (a casa, a scuola, al Centro).

Inoltre, in caso una persona minorenne si senta vittima di cyberbullismo, questa può chiedere un consiglio o un aiuto, anche in forma anonima, al Telefono Azzurro sia chiamando il numero di riferimento sia contattando il servizio Telefono Azzurro anche via chat.

Fonti

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