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Quando ci si interroga su come gestire al meglio una diagnosi di malattia cronico-degenerativa, l’attenzione si focalizza e si concentra sulla cura medica e sul controllo dei sintomi.

 

La fibrosi cistica è una malattia molto complessa, che invade tutta la vita del paziente e del suo entourage familiare; fino a qualche decennio fa condizionava tout court le scelte e i programmi di vita a lungo termine. I bisogni di salute, dunque, erano condizionanti ai bisogni psicosociali e di relazione, quindi bisogni psicologici oltre che sociali, sono interconnessi e, ubiquitariamente, fondamentali.

Questi aspetti sono, infatti, essenziali per poter garantire alla persona il mantenimento di un’adeguata e soddisfacente quotidianità e di qualità di vita.

Indubbiamente poter rallentare sia le riacutizzazioni sia la progressione della malattia diventa fondamentale.

Come sostiene N., una paziente piemontese di circa quarant’anni,  che dice :“fin da piccola ho dovuto prendermi cura della mia salute … tra le varie difficoltà ho imparato a conciliare le cure con la vita quotidiana, poi crescendo quando la malattia è peggiorata sono stata inserita in lista di attesa per il trapianto di polmoni e le mie paure sono diventate enormi”.

N., sottolinea, il suo essere stata “piena di domande … di dubbi…” e fra le molte, in una condizione così pesante, chiede: “potrò fare una vita normale?”. N. fortunatamente e non senza molte traversie, è stata trapiantata di polmoni dieci anni fa e, oggi afferma di condurre, ironicamente, “una vita … quasi normale”, sicuramente caratterizzata “dal ricominciare a vivere ed a fare tante cose nuove che prima non poteva più fare”.

L’esperienza di N. sottolinea come sia fondamentale il far “dialogare” i bisogni di salute con i bisogni psicosociali, di vita.

Il benessere fisico è fondamentale, ma, da solo, non è sufficiente a garantire una buona qualità di vita: spesso le persone sono anche chiamate ad affrontare sfide che non si esauriscono al piano fisico, ma sfociano anche in difficoltà psicologiche, specialmente in certe fasi di malattia o di vita, alle quali dover far fronte, solo tramite un accurato processo volto a coniugare la gestione della salute fisica con quella mentale è possibile garantire alle persone il raggiungimento e il mantenimento di una qualità di vita sufficientemente buona e conseguente senso di soddisfazione.

Possono verificarsi isolamento sociale, cambiamenti nei rapporti interpersonali, perdita dell’autonomia o delle capacità fisiche, specialmente in alcune fasi di malattia, oltre a cambiamenti nel proprio stile di vita. Essenziale, dunque, il supporto non solo da un punto di vista fisico, ma anche sul piano psicologico: entrano in gioco numerosi aspetti e solo promuovendo un percorso volto all’accettazione, alla resilienza e alla ricerca di nuove modalità e modi per raggiungere soddisfazione si ritrova un equilibrio.                                             

È inoltre importante includere in tale processo i caregiver dei pazienti; il supporto è importante che converga sull’attivazione ed il mantenimento di modalità comunicative che favoriscano apertura ed ascolto empatico.

Risponde “semplicemente ricordandomi che ho ricevuto il più grande regalo della mia vita …  non voglio sprecare nemmeno per un secondo questo regalo … ed è per questo che cerco di fare mille cose, anche banali, perché sono sposata, mi occupo della casa e … mi prendo cura dei miei bambini pelosi che sono i miei più grandi amori, ovvero due cagnoline e quattro gatti, le mie piante e fiori … ma anche un negozio … mi impegna la maggior parte della giornata … vado in palestra, seguo l’organizzazione di un gruppo storico, esco e organizzo cene con gli amici …”.
Certo, qualche volta, N., alla sera, arriva stanchissima, a volte stressata o arrabbiata… ma riflettendoci, si dice “ma è bello anche questo perché mi fa ricordare che sono ancora viva”.

Non bisogna dimenticare infatti che, prima di poter accettare la diagnosi di malattia e le nuove cure che essa richiede e comporta, è importante sostenere le persone nelle fasi che attraverserà: dalla negazione della malattia, possono giungere la rabbia e la tristezza. Anche queste emozioni, oltre allo stress, entrano in gioco, quando “si vive a pieno” e si vuole ottenere un equilibrio oltre che un atteggiamento sufficientemente positivo.

La fibrosi cistica è caratterizzata da un decorso a tratti imprevedibile e questo costringe al confronto con paure e insicurezza insite nell’incontrollabilità e l’inguaribilità.
Nonostante la cronicità, la gravità e l’inguaribilità le testimonianze odierne sottolineano la presenza “di vita” anche senza “piena salute”.
Quando si è affetti da una patologia è fondamentale imparare a ristrutturare i pensieri negativi e ad abbandonare i comportamenti disadattivi in favore di nuovi comportamenti funzionali e motivanti, in particolare alle cure stesse, in una sorta di circolo “virtuoso”.
Re-adattarsi e dinamicità divengono, dunque, nuovi “alleati” in un’ottica di possibilità di coniugare i bisogni di salute con gli altri bisogni personali.

N., a tal proposito, aggiunge: “purtroppo arrivano anche i momenti no, quando sto male e devo rallentare e dare precedenza alla mia salute … “. Per la paziente stare a casa, malata, non è sicuramente “facile”, infatti, viene colta da timori o da ansia, ma, “con non poca fatica” ha imparato “a godersi anche di questi momenti di stop, ad ascoltare il suo corpo in una situazione che rende necessario il riposo … cercando il lato positivo (o meno negativo) sperando che tutto si risolva al più presto …”
N. cuce, legge, guarda la tv o ascolta la musica … attende, ma non inerme, “sfruttando” il tempo in maniera differente e diversificando il “suo fare” in una specifica condizione.

A fronte di queste complesse situazioni “di vita” occorre riprogrammarsi e usare le risorse a disposizione, individuali e familiari, in maniera da preservare l’autostima e la propria identità. Appare evidente, dunque, come per coniugare efficacemente i bisogni di salute, in particolare fisica, con aspetti emotivi e sociali è essenziale affrontare il tema del “come poter coniugare” e condividere il concetto di “bisogno ubiquitario” di tutte le persone che affrontano, quotidianamente, sfide di malattia. 

Organizzazione pratica, pianificazione, capacità di cambiare prospettiva e trovare strategie “momentanee” o funzionali, fra i molti, rappresentano buone pratiche di adattamento.

In altre parole, flessibilità, adattabilità, capacità di cambiare orizzonte e prospettiva. Modificare, a seconda delle necessità più importanti, in un certo momento storico, la scala delle priorità, dove fermarsi non è sinonimo di fallimento, ma anzi possibilità di una migliore e più rapida ripresa.

Arrivare a coniugare i bisogni di salute ed i bisogni psicologici e sociali rappresenta, in quest’ottica, un processo dinamico e un percorso di vita, di crescita, di maturità e maturazione.

Bibliografia
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